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Filicudi e Alicudi, le isole del silenzio (documentario)

Tra le sette sorelle dell’arcipelago delle Eolie, Filicudi e Alicudi sono quelle più schive, più timide forse perché piccole e a lungo dimenticate e inesplorate. Legate per vicinanza e affinità elettive, sono le isole del vento, del silenzio e delle nere colate laviche. Le più primitive, autentiche ed estreme. Un paradiso al centro del documentario Filicudi e Alicudi, le isole del silenzio, in onda mercoledì 10 luglio su Rai3.

La lontananza dalla terra ferma, la penuria d’acqua, l’assenza di un porto attrezzato e la difficoltà degli attracchi di aliscafi e navi, la mancanza di negozi e di spiagge sabbiose, le hanno fino a oggi tenute lontane dal turismo più mondano e di massa. Nelle due isole non c’è un centro abitato unitario, ma case sparse sulla montagna in diverse contrade. Due luoghi che conservano ancora intatto il loro aspetto selvaggio dove il calore e la semplicità degli abitanti si respira ogni giorno e fa sentire l’ospite come un appartenente alla piccola comunità.

Filicudi è l’isola geologicamente più antica dell’arcipelago e contiene sette vulcani spenti. I greci la chiamavano Phoinicussa, la palma nana, ancora presente sui promontori dell’isola. Il simbolo dell’isola è la Canna, un faraglione gigante che con i suoi 74 metri di altezza emerge dal mare a testimonianza di un’antica eruzione lavica sottomarina. Considerato il guardiano di Filicudi, si dice che abbia una sorta di potere magico.

Una sola strada asfaltata attraversa l’isola e poi una fitta trama di mulattiere percorribili a piedi. La luce elettrica è stata portata a Filicudi nel 1986 con un impianto di generazione a gasolio, evento che ha provocato un veloce balzo nel futuro nella quotidianità degli isolani. Ma non c’è un bancomat né una banca, non ci sono locali notturni se non un bar-ristorante aperto tutto l’anno che diventa il cuore dell’isola. E, a parte un minimarket chiamato come di consueto in Sicilia, a putia, non ci sono neanche negozi, di nessun tipo.

Alicudi, invece, è l’isola dei gradini. Nota anticamente col nome di Ericussa per via dell'abbondante presenza sull'isola della pianta erica, è la più piccola e ripida di tutto l’arcipelago e in assoluto la più isolata. Appena si arriva ci si immerge naturalmente in una dimensione di vita rara, quasi perduta dove dominano i suoni del mare e del vento. Con l’eccezione di un negozio di alimentari al porto, sull’isola davvero non c’è nulla.

E non c’è nulla di orizzontale su Alicudi, è interamente fatta di lunghe scalinate e mulattiere che richiedono anche un certo allenamento fisico. Non esistono strade, neanche una, ci si affida ai propri piedi o ai muli, simbolo dell’sola. Il numero di gradini da salire sostituisce indirizzo e numero civico. È un’isola piena di leggende: pescatori che tagliano con le mani trombe marine, donne volanti che di notte raggiungono Palermo o la Tunisia, capre che parlano a cui gli abitanti credono davvero in una sorta di azzeramento tra sogno e realtà.

In entrambe le isole, l’orologio non è necessario; il ritmo lo danno loro e la natura ti insegna a vivere a cominciare da Eolo, il Dio di tutto l’arcipelago e dal mare: sono loro a decidere se arrivi, se te ne vai, se resti. E non ci sente mai soli, si è sempre accompagnati da rocce, profumi, sole, stelle e silenzio. Isole difficili certo, ma irrinunciabili per i pochi nativi rimasti indissolubilmente legati al loro scoglio e al suo stile di vita.

(dalla redazione Rai)

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