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Un viaggio nella memoria che vede impegnato Paolo Villaggio, tenero e burbero allo stesso tempo, in un lungo flusso di coscienza autobiografico. Una scenografia spoglia ed essenziale mette in risalto il suo talento interpretativo incarnato in una voce a tratti malinconica e a tratti potente che riporta alla luce storie di amicizie, di affetti, di rapporti familiari.
Per raccontarsi, a sessantotto anni, Villaggio sceglie di rappresentare i disagi della sua età : l'ipocondria, la coazione a ripetere, i ricordi che incombono. Il tutto amplificato dalla pigrizia, dalle paure di un attore che non vorrebbe essere più costretto a salire sul palcoscenico.
Questo racconto è una sorta di autobiografia delirante, fatta di autocitazioni, divagazioni, storie, a partire dall'infanzia genovese e dal periodo del liceo, quando fu eletto per due anni ragazzo più brutto della scuola. Tra storielle e canzoni del tempo va in scena un ricordo vibrante della Liguria e della sua famiglia. Un atto d' amore per Genova e soprattutto per il padre, che Villaggio ricorda più volte nel corso della rappresentazione con divertenti aneddoti, dalla guerra agli anni della gavetta.
Ad accompagnare l'attore-mattatore di sé stesso, gli interventi del chitarrista Silvano Spadaccino e della pianista Valentina Cardinali. Spettacolo registrato al Teatro delle Celebrazioni di Bologna nel 2001. Adattamento televisivo Felice Cappa, regia televisiva Giovanni Ribet.
(dalla redazione Rai)